Data: 6 Dicembre 2022
Ora: 16:00 - 17:00
seminari sisfa

Ernst Mach, scienziato e filosofo

Luca Guzzardi – Università di Milano, Dipartimento di filosofia “Piero Martinetti”

Forse nessun’altra espressione come quella di “scienziati filosofanti”, coniata nel 1905 dallo storico della filosofia danese Harald Høffding, sa fare giustizia dell’opera multiforme di Ernst Mach, e insieme mettere in luce il paradosso che la contraddistingue. Interessato sin da studente alla nascente psicofisica, alla psicologia, e alla storia della scienza, nel 1895 venne chiamato a ricoprire la nuova cattedra di “Filosofia, con speciale riguardo alla storia e teoria delle scienze induttive” presso l’Università di Vienna. La sua riflessione sui fondamenti della meccanica giocò un ruolo essenziale nella formazione di non pochi fisici delle generazioni a venire e alimentòsignificativamente la svolta einsteiniana. Ma per la maggior parte della carriera Mach fu fisico sperimentale. Diede contributi fondamentali, in particolare, allo studio delle onde d’urto, fu tra i primi a introdurre la fotografia nella pratica di laboratorio, applicò le sue competenze di sperimentatore alla fisiologia degli organi di senso, conseguendo importanti risultati nell’indagine dei meccanismi fisiologici di vista e udito. Eppure – ed ecco il paradosso – mentre sono stati ampiamente indagati i motivi che legano la teoria della conoscenza di Mach ai suoi interessi per psicofisica e psicologia da una parte e storia della scienza dall’altra, la relazione fra la dimensione sperimentale della sua opera e le riflessioni epistemologiche rimane per lo più sfuggente e considerata a senso unico, come esito di una “filosofia di Ernst Mach” che ne avrebbe fornito sin dall’inizio il quadro di riferimento.

Nel mio intervento proverò a capovolgere quest’ordine del discorso. Anziché assumere che Mach abbia sempre aderito a delle posizioni filosofiche (“positivismo”, “sensismo”, “fenomenismo”…),che avrebbero forgiato i suoi contributi sia teorici sia sperimentali, cercherò di partire proprio dal lavoro sperimentale per esaminare come questo abbia determinato quelle concezioni ampie sulla natura, gli scopi, e l’evoluzione della conoscenza che siamo soliti chiamare “filosofiche”.