Data: 17 Gennaio 2023
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Dai laboratori terrestri agli acceleratori cosmici,

inseguendo la frontiera delle alte energie

Luisa Bonolis – Max Planck Institute for the History of Science

Fin dall’inizio del novecento, l’evoluzione tecnologica e concettuale che ha consentito di disporre di strumenti sempre più sofisticati per accelerare particelle, ha avuto un ruolo centrale nello studio dell’universo nucleare e sub-nucleare. L’evoluzione in parallelo delle ricerche sui raggi cosmici – che dagli anni ’30 fino all’inizio degli anni ’50 hanno rappresentato una sorgente privilegiata di particelle di alta energia – ha portato avanti le conoscenze fino a cedere il campo a fasci accelerati artificialmente e a restringere quindi il raggio di azione a energie irraggiungibili dagli acceleratori terrestri. Nel corso di questo turnover la prospettiva di ricerca si è allargata verso una dimensione astrofisica per affrontare con mezzi nuovi uno dei più grandi misteri scientifici: l’origine dei raggi cosmici in termini di sorgenti e meccanismi di accelerazione.

Lo sviluppo di acceleratori sempre più potenti nel corso degli ultimi 70 anni ha confermato la teoria standard delle particelle elementari e delle loro interazioni fondamentali, specialmente grazie all’uso dei collisori materia-antimateria, il cui prototipo, l’anello di accumulazione AdA, fu costruito in Italia, nei Laboratori di Frascati, grazie all’impulso dato da Bruno Touschek nella primavera del lontano 1960.

Mentre gli acceleratori terrestri svelavano i misteri dei costituenti ultimi della materia, aveva luogo esattamente in parallelo una rivoluzione in campo astronomico: l’estensione della minuscola finestra ottica all’intero spettro elettromagnetico, a cominciare dalle onde radio, ha rivelato l’esistenza dell’universo violento in cui le enormi energie in gioco segnalano l’esistenza di oggetti celesti, fenomeni e acceleratori cosmici la cui natura era assolutamente impensabile o rimasta a lungo del tutto ipotetica.

La scoperta della radiazione cosmica di fondo, residuo del Big Bang, ha spalancato una finestra sull’universo primordiale, che è divenuto, nelle parole di Zeldovich, “un laboratorio ad altissima temperatura e densità per la fisica nucleare e delle particelle”, un vero e proprio “acceleratore dei poveri”.

Dalla fusione di varie culture è quindi emersa nel corso degli ultimi 40 anni una prospettiva in cui questioni fondamentali relative all’origine e l’evoluzione dell’Universo, ai suoi costituenti e alle forze fondamentali sono tra loro intrecciate attraverso problemi al confine tra fisica teorica, fisica delle alte energie, astrofisica nucleare e relativistica, astronomia e cosmologia. In questa visione integrata, i vari messaggeri cosmici, dall’intero spettro delle radiazioni elettromagnetiche, ai neutrini e alle onde gravitazionali – inclusi gli stessi raggi cosmici di altissima energia – sono divenuti parte di un quadro di ricerca sostanzialmente unitario in cui la correlazione tra microcosmo e macrocosmo rappresenta una chiave fondamentale per l’esplorazione dell’Universo intorno a cui il rapporto tra astronomia, astrofisica, cosmologia e fisica delle particelle ne è emerso profondamente ridefinito.