Ricordo di una signora gentile

di Salvatore Esposito

 

La SISFA ancora una volta piange la scomparsa di una sua socia di antica data: Edvige Schettino.

Conobbi personalmente Edvige tra le vie del centro storico di Napoli, durante le festività di fine anno che seguirono il Natale del 2004. Io la conoscevo solo “di fama”, come docente del Dipartimento di Scienze Fisiche, incrociata solo qualche volta nei corridoi. Di me, invece, le avevano parlato il compagno di una vita, Mario Abud, e un altrettanto amico di una vita, Franco Buccella, che era stato mio relatore di tesi. Forse già conosceva i miei lavori su Ettore Majorana, ma nulla più. Quel giorno mi fermò per strada, e mi raccontò tutte le sue preoccupazioni per l’apertura della nuova (= unica) sede del Museo di Fisica, a lei affidato, per la quale mancava meno di un mese, e non aveva personale per sistemare gli strumenti dagli scatoloni (che di lì a poco sarebbero arrivati dalla vecchia sede del Dipartimento…) negli appositi armadi. Mi offrii allora di darle una mano, ma quando i primi giorni del nuovo anno andai nella sede di Via Mezzocannone, capii subito la tragicità della situazione: io, lei e un altro paio di volontari saltuari non saremmo mai riusciti nell’impresa da compiere in una ventina di giorni… Le proposi, allora, di farci dare una mano da alcuni miei selezionati studenti liceali, e lei si fidò completamente. In quelle tre settimane, lavorando gli interi pomeriggi di 3 o 4 giorni (o più) a settimana, quei sei studenti capitanati da Edvige e dal sottoscritto, con tutte le accortezze del caso (adolescenti che maneggiavano strumenti ottocenteschi…), il miracolo si compì, e il Museo potette inaugurarsi il 27 gennaio come previsto.
Da quel momento, un rapporto privilegiato con Edvige e il Museo di Fisica non venne mai meno. Ancora una volta si fidò di me e di miei (altri) studenti per una Mostra su Galilei, o per la realizzazione di strumenti “didattici” finalizzati a far comprendere la storia della fisica che si celava dietro gli strumenti esposti nel Museo, come un percorso tutto galileiano che faceva comprendere al visitatore la legge del quadrato dei tempi che si celava dietro il moto su un piano inclinato, il teorema delle corde e l’isocronismo delle oscillazioni del pendolo. Quegli strumenti “didattici” sono ancora esposti ed utilizzati al Museo.
Fu Edvige che mi introdusse ai contributi di Macedonio Melloni o di Giuseppe Saverio Poli, e a quanto ci possa essere di intrigante in una macchina di Atwood. Fu ancora lei che volle rilanciare il Museo in prospettiva più “moderna”, affidandomi seminari, lezioni o coinvolgendomi in vari progetti. In realtà fui io a beneficiare grandemente di quella collaborazione, che mi introdusse pienamente alla storia della fisica classica e dei suoi strumenti, su cui non avevo in precedenza lavorato. Ancora, fu sempre lei che, avvicinandosi il suo pensionamento, fece di tutto per farmi affidare (almeno in supplenza gratuita!) il corso di Storia della Fisica nell’ateneo partenopeo che lei teneva da anni (e a cui pure collaboravo, sempre su sua richiesta), pure riuscendovi. E questo, non solo per evitare una “scomparsa” del corso, come già avvenuto in altri atenei, ma anche per cercare di salvare quanto aveva fatto per il Museo di Fisica. Le cose, però, andarono in maniera diversa – e lei si dispiacque molto della situazione –, e solo da un paio di anni ho l’onore di proseguire quel corso.

Addio, Edvige. Ricorderemo sempre la tua gentilezza e la tua eleganza d’animo.

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